L’idea di scrivere questo articolo nasce in un mercoledì di fine novembre trascorso alle pendici della montagna fattasi inaccessibile. Nonostante le previsioni meteo ottimali il tempo può cambiare significativamente di valle in valle, di montagna in montagna e questi piccoli mutamenti isolati non sono certamente materia facilmente prevedibile; forse solo gli anni mi renderanno sufficientemente sapiente, per mezzo sia dello studio che dell’esperienza diretta dei fenomeni.
Fatto sta che al momento attuale mi sono ritrovata a svegliarmi e partire di casa prima dell’alba sotto un tappeto di stelle, anticipando fin troppo come se fosse già primavera. Attendendo in auto la primissima luce, sfogliavo ancora la recensione dell’itinerario che mi interessava e sbirciavo la cartina; poi via, verso l’alto nell’aria pungente del mattino nascente. Dopo circa tre quarti d’ora di salita decisa ed entusiasta, giungendo ad una selletta, s’annunciava finalmente l’alba ad oriente, ma da ovest sorgeva invece una presenza inaspettata ed indesiderata: un poderoso banco di nebbie e nubi. Mi ricordava un soffio di minuscola nube contro le pareti del Chersogno illuminato dal primo sole: lievitò col passare dei minuti fino a ingigantirsi ed inghiottire tutta la montagna e poi le sue pendici! Tornando a valle in ogni angolo sole, ancora sole, ma la montagna nascosta, come a dire “no, non oggi”.
Sulla sella lo sguardo è però subito catturato dall’evidentissimo spettro di brocken con gloria che si stagliava iridescente davanti ai miei occhi, alle spalle il sole che sorgeva coi suoi raggi radenti che riuscivano ad incontrare le particelle d’acqua con l’angolazione necessaria a rendere possibile tale raro fenomeno ottico. Raro, vero, eppure è il secondo che vedo di quest’anno, seppure al contempo il secondo di tutta la mia vita. Il primo lo vidi giungendo in cima al Tenibres in una fredda mattina di settembre, dopo una debole nevicata notturna; anche quel giorno le nebbie ci diedero del filo da torcere, facendoci smarrire l’itinerario e convincendoci così a calarci con la corda in un viscido canale di rocce rotte e sfasciumi che questa primavera, pieno di neve, aveva certamente un aspetto più invitante. Quel giorno dovemmo così ridiscendere a valle e abbandonare i nostri propositi.
Nonostante l’apparente apertura che è seguita invece qualche giorno fa alla base della parete nord del Mondolé, ho dovuto rinunciare ancora, facendomi contenta di quanto visto alla selletta e di portare la pelle a casa. Perchè alla fine quel che ci preme è vivere, vivere ancora e vivere più intensamente possibile. Insistere inutilmente e rischiosamente è qualcosa a cui si può imparare a rinunciare, senza rinunciare all’irrinunciabile piacere per l’avventura. Il fallimento si trasfigura presto in vittoria, poiché essa non risiede soltanto nel raggiungere le vette tanto ambite, ma nel ritornare a casa, fosse anche solo per ricominciare a sognare un’altra salita, ma soprattutto per sviluppare la capacità di apprendere da imprevisti ed errori, raggiungendo ogni giorno una più approfondita conoscenza sia della montagna che del nostro sé. Riuscire a fallire è un esercizio di presenza mentale e di coscienza, più difficile che apprendere a scalare. E poi forse dovremmo davvero rivalutare i nostri obbiettivi, o meglio la valenza o la priorità che diamo loro. Talvolta i nostri occhi rimangono offuscati e allora veramente ci gettiamo tra le gelide dita del rischio. La Montagna è il nostro banco di scuola per la vita, certamente una scuola non banale, dalla quale non è semplice trasportare gli insegnamenti nel quotidiano, talvolta non lo è nemmeno decifrarli. Ma questa è la scelta che abbiamo fatto, dobbiamo considerarne le intrinseche caratteristiche.
Così, insieme alle uscite ben riuscite ho cominciato a collezionare anche quelle per così dire fallite per cause di forza maggiore. Pensando a questo anno che volge al termine, canale nord al Chersogno e canale sud alla Rocca Bastera in primavera, entrambe finite in clamorosi white out, canale sud alla Cima di Nasta e via normale italiana al Gelas questa estate, la traversata per cresta dal Tenibres alla Rocca Rossa e alla cima Zanotti a settembre ed infine il tentativo ad un canale nord al Mondolè a novembre.
Per tutta la vita mi è stato inculcato di non fallire, di eccellere, di competere, mentre ora è l’esatto contrario ciò che più devo imparare per progredire veramente nella mia esperienza. Il non riuscire che solitamente distrugge l’autostima si trasforma invece nel carburante necessario a nuovi tentativi e nuove possibilità di scoperta e apprendimento. Fallire e affrontare situazioni non previste è fortemente necessario se desidero diventare un’alpinista. E mi sento grandemente motivata, viva, vibrante, in evoluzione.
Scrivere queste righe, dando importanza alle giornate solitamente taciute, mi sembra giusto e persino bello. Ho anche cominciato a cercarne delle foto e ve le propongo; tra di esse compare anche uno stralcio di diario dal tentativo alla Rocca Bastera ed un paio di citazioni.
